Una competizione estrema, tra le più dure al mondo. Sei giorni di regata nelle acque scandinave tra fiordi, isole e sassi affioranti fanno della Archipelago Raid un’esperienza al limite, che mette alla prova capacità veliche ma anche resistenza fisica e orientamento. La vittoria quest’anno è andata all’equipaggio svedese “Thule”.
Maurizio Vettorato, insieme ad Andrea Gancia, era l’unico italiano in gara, a bordo del suo Formula 18.
La vostra barca si chiama “Black or White”…
Sì, l’abbiamo chiamata così in onore di Michael Jackson!
Come è andata?
Molto bene, la gara è interessante ed è la “summa” di tutto ciò che abbiamo imparato in tutta la vita, navigare ..veleggiare. E quindi è una cosa che ci piace.
Che ci fanno due italiani in una regata nei mari del nord?
Volevamo provare un’esperienza nuova e qui tutto è nuovo, anche il clima, il freddo. E poi è anche un sistema nuovo per fare le regate.
E del paesaggio? Cosa ne dici?
Beh… è stupendo, è veramente bellissimo. Siamo affascinati.
Raccomanderesti ad altri italiani di cimentarsi in un’avventura come questa?
Certamente sì. Credo che gli italiani disposti a fare simili sacrifici non siano moltissimi, perchè non si dorme, si è sempre sporchi. Ma quelli che se la sentono possono incontrare grandi soddisfazioni.
Rifaresti di nuovo una Archipelago Raid?
Avendo i mezzi per una barca più all’altezza e una preparazione migliore sicuramente sì.
Credi che di questa regata si potrebbe fare un circuito?
Ha senza dubbio tutte le carte in regola per diventare un bel circuito circuito internazionale. Chi frequenta questo tipo di gare ha una mentalità particolare e, se solo ci fossero più occasioni, ci si potrebbe specializzare a far solo questo. Per esempio si potrebbero fare sacche per le derive di riserva nel trampolino, delle sacche speciale per mettere per le carte o per il GpS, ci si specializzerebbe per una navigazione orientering un po' più rapida....sarebbe bello e ci vorrebbe una nuova specializzazione nel mondo della vela.
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