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Mini Transat: una seconda tappa sfortunata, ma Ambrogio Beccaria non molla

mini transat una seconda tappa sfortunata ma ambrogio beccaria non molla
redazione

Dopo una prima tappa condotta in modo esemplare che gli ha fatto conquistare la sesta posizione assoluta e un’ottima partenza per la seconda tappa, addirittura in testa alla flotta dei serie, Ambrogio ha navigato per quattro giorni con medie alte, rimanendo sempre tra i primi dieci. Il quinto giorno la rottura del bompresso lo ha costretto a rimettere la prua su Mindelo (Capo Verde) per riparare il danno. Il regolamento nel caso di stop tecnico prevede una sosta minima di 12 ore che sommate alle ore di navigazione controvento impiegate per raggiungere Mindelo dal momento dell’incidente gli sono costate un ritardo complessivo di 48 ore.
L’obiettivo di terminare la mini tra i primi 10 con una barca di vecchia generazione è ormai sfumato, ma il ventiseienne skipper milanese non si è demoralizzato, non ha perso la concentrazione, al contrario è ripartito “alla grande”. Purtroppo dopo solo tre giorni si è imbattuto in un oggetto galleggiante che ha compromesso il timone sinistro e per i giorni successivi ha preferito ridurre le vele e monitorare l’entità del danno. Nell’ultima settimana di navigazione Ambrogio ha ripreso a spingere la barca e ha condotto una regata impeccabile, superando uno dopo l’altro ben 14 avversari e rimontando dalla 55esima alla 41esima posizione.
Beccaria ha dimostrato, prima di tutto a se stesso, che la grande avventura della Mini-Transat non finisce quando svanisce il sogno del podio, ma è un’avventura a tu per tu con l’Oceano: una esperienza umana, e non solo sportiva. Perché, come ha detto Giovanni Soldini: “Alla fine una regata non è altro che una prova con se stessi”.
“Non sono venuto qui per fare un trasferimento”, dice Ambrogio appena arrivato a Le Marin. “Volevo diventare un buon regatante oceanico, imparare a fare la strategia degli alisei, i groppi, e invece sono diventato un buon marinaio, ma sicuramente non sono migliorato dal punto di vista della regata. Però ho portato la barca dall’altra parte, e questo e l’importante alla fine, anche perché ho avuto tanti problemi e uno in particolare che voi non sapete. Tre giorni dopo il pit-stop a Capo Verde ho avuto problemi al timone sinistro, che non si è rotto per fortuna, ma l’impatto con un oggetto galleggiante ha provocato una delaminazione tra lo specchio di poppa e lo scafo, che faceva una piccola via d’acqua. A quel punto ormai ero troppo lontano per tornare a Capo Verde e lì ho avuto paura di non arrivare in fondo. Nei giorni successivi i timoni sono induriti molto e non ho messo lo spi per vedere se la delaminazione peggiorava. E’ stato un momento molto stressante.
Tutta la settimana dopo Capo Verde sono stato molto conservativo, la regata l’avevo proprio messa in un angolino. La seconda settimana invece ho visto che reggeva e ho iniziato a spingere di più e a fare un po’ di strategia. Ho fatto forse qualche errore nell’approccio alle isole stando troppo a Sud, ma nel complesso sono contento perché nonostante tutto ho guadagnato parecchie posizioni dal pit stop in avanti. Sono stato un po’ sfortunato, ma i primi 4 giorni, dalle Canarie a Capo Verde, ho fatto 850 miglia con lo spi grande e lì la velocità era impressionante!! Il lavoro fatto con Giovanni Sanfelice di North Sails si vedeva. Rispetto agli altri pogo 2 avevo una velocità incredibile, sono a arrivato al cancello di Capo Verde con 30 miglia di vantaggio sugli altri pogo 2. Poi mi sono accorto che avevo rotto il bompresso e ho dovuto trovare il coraggio di tornare indietro. Non potevo andare in giro con il bompresso rotto o “scocciato”. Non è stato facile.
Poi però una volta riparato tutto ho capito che la regata era andata ma c’era ancora tutta l’avventura da vivere e così è stato! Peccato per i danni al timone che invece più che avventura hanno trasformato tutto in un film dell’orrore!”


20/11/2017 18:03:00 © riproduzione riservata






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