Lo scorso 24 marzo, durante la cena di gala di Vinitaly, si è celebrato uno dei grandi padri del vino italiano: Giuseppe Quintarelli, maestro indiscusso che ha portato la Valpolicella nel gotha del vino mondiale. Un premio dovuto, che è un riconoscimento ad una vita vissuta per il vino ma anche un modo per ricordare un viticoltore che in eredità ha lasciato le sue perle enologiche ma soprattutto l'esempio di una profonda umanità.
Un vero grande maestro della Valpolicella, il primo artigiano del vino che fin dagli anni '60 ha fatto comprendere al mondo le qualità dell'enologia veronese, con il Recioto Amarone, fin nei migliori ristoranti d'America. Queste le motivazioni professionali alla base del Premio Speciale Vinitaly assegnato quest’anno da Veronafiere. Ma Giuseppe Quintarelli, morto nel gennaio scorso, era anche altro: "umile, schivo e riservato anche nei momenti di maggiore successo", recita la motivazione del premio. Anche per questo ha creato il mito dei suoi vini. Le parole chiave del suo "essere" sono state: amore, semplicità e pazienza. Amore nei confronti della terra volto alla ricerca della perfezione. La semplicità nei gesti e nelle scelte, senza artifici, anche nelle sue numerose opere di solidarietà. La pazienza ed il rispetto dei tempi che il vino e la qualità esigono. Un uomo sereno, assalito dall’ansia di ottenere il miglior risultato finale solo nel momento in cui il vino veniva messo in bottiglia perché, per il Bepi, "solo il meglio è sufficiente": nil satis nisi optimum.
I suoi vini, sempre emozionanti, hanno fatto la storia e scandiscono i tempi della Valpolicella. Nulla nasce per caso, e per ottenere certi risultati è indispensabile l'esser mossi da un'unica, grande passione. "Bepi" ha amato la sua terra, la Valpolicella e in particolare Negrar, con grande semplicità e certosina attenzione alla tradizione delle sue genti. Ha sempre curato meticolosamente ogni minimo particolare di qualsiasi fase del lavoro, a cominciare dalla terra, dalla vigna, e per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo è impossibile dimenticare con quanta cura e quanta attenzione selezionava, a mano e personalmente, ciascun grappolo d’uva, conscio che ogni dettaglio avrebbe contribuito a creare un grande vino.
Davanti alle sue bottiglie, come scrisse Veronelli, veniva spontaneo “inginocchiarsi e memorare i poeti”. Il nostro augurio è che la famiglia, che tanto ha amato, possa tramandare nei vini dell'azienda la testimonianza del suo esempio, basato sulla semplicità, sulla naturalità, e sul duro lavoro.
Grazie "Bepi", per tutto quanto ci hai donato.
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