Altri due morti nel Rally Dakar, clone sudamericano della Parigi Dakar, la corsa tra i deserti africani che è stata per decenni il simbolo stesso dell’avventura e della libertà per tutti i motociclisti europei. Non disputata nel 2008 per la situazione politica estremamente pericolosa per gli europei in Mauritania, come dimostrano anche i rapimenti di questi giorni, ha preso dal 2009 la via del Sudamerica. In Africa la corsa era criticata per l’alto numero di incidenti e per le vittime che causava tra la popolazione in coincidenza con i passaggi in zone abitate: oltre 50 le morti “civili” nelle sue 30 edizioni, compresa quella dell’ideatore ed organizzatore Thierry Sabine, precipitato con il suo elicottero durante una tempesta di sabbia. Ma il percorso sudamericano, tra Argentina e Cile, si sta rivelando ancor più pericoloso proprio per il maggior numero di spettatori (70.000 a Buenos Aires durante la prima tappa) che si trovano sul tracciato e per la coesistenza forzata di tutta la macchina organizzativa che si sposta insieme ai concorrenti, precedendoli e seguendoli, con il normale traffico veicolare. Ieri altri due morti nella giornata di pausa della corsa, con un camion addetto alla logistica che ha invaso la corsia opposta in una strada di Pejerreyes, 400 km. A nord di Santiago, causando la morte dei due occupanti dell’auto. Salgono così a tre le morti causate dal rally: alla ragazza travolta alla partenza da Buenos Aires si aggiungono queste altre due morti cilene. Tra i piloti c’è stato già un decesso: è stato ritrovato cadavere l’altro ieri il motociclista francese Pascal Terry disperso dalla tappa di domenica scorsa. Le ricerche, iniziate il giorno stesso, erano state sospese per un disguido: qualcuno ha comunicato che il pilota era arrivato al traguardo. E’ stato ritrovato solo il 7 gennaio in una zona con fitta vegetazione nella quale si era trascinato per ripararsi dal sole ad una quindicina di metri dalla sua moto. L’autopsia ha rilevato un edema polmonare che ne ha causato la morte. Altri 3 piloti sono in coma, tra cui il nostro Luca Manca, in ospedale a Santiago e per il quale saranno decisive le prossime 48 ore. Il responsabile del reparto di terapia intensiva ritiene che dovrà restare sedato per almeno altri 5 giorni. Al pilota è stata inserita una sonda per misurare la pressione endocranica e tenere sottocontrollo le emorragie intracerebrali. Gli altri due piloti ancora in coma sono l’inglese Paul Green ed il suo copilota Matthew Harrison vittime di un incidente sabato scorso le cui condizioni vanno per fortuna migliorando.
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