Oracle vince l’America’s Cup dopo una straordinaria rimonta che ha portato il team statunitense a recuperare su New Zealand dal punteggio di 8 a 1 fino alla vittoria di questa sera che ferma il punteggio finale sul 9 a 8. Psicologia, errori, bravura, sviluppo del mezzo: tutto si è mischiato e intrecciato in una settimana da incubo per Dean Barker e i suoi uomini, usciti suonati e perdenti da un match già vinto e senza che ne abbiano capito le ragioni. Anche oggi a bordo i neozelandesi sono sembrati lenti e impacciati e con addosso una comprensibile paura. Oracle era invece affamata, decisa e, nonostante abbia perso la partenza e preso un’ingavonata, si è messa alla calcagna di New Zealand sul primo lato di poppa mordendole la scia, non lasciandole acqua, facendole capire che erano loro i più forti, i più veloci, i migliori. Al primo incrocio di bolina li avevano già fottuti. Poi li hanno irrisi. Peccato, perché i Kiwi restano i migliori velisti del mondo e la Nuova Zelanda il vero Paradiso dei velisti di ogni latitudine. Peccato anche per i tifosi, accorsi veramente numerosi a San Francisco e che avrebbero meritato, loro, bel altra conclusione. Bisogna togliersi tanto di cappello di fronte a questi uomini ma anche dare il giusto tributo ai vincitori, che sono stati grandissimi. Ma non siamo contenti. I velisti che oggi sono scesi in acqua su Oracle avrebbero dovuto essere a casa, squalificati. Tutti lo pensano, ma nessuno lo dice. Il business non si è fermato con le squalifiche dei 4 componenti del team per l’imbroglio degli AC 45 e tutti sono stati contenti e silenti. Anche i Kiwi, convinti di vincere a mani basse. Ma la Coppa resta invece nelle mani di chi ha brigato per averla, con un contenzioso che ha sfinito tutti, e nelle mani di chi ha condotto a questo esito disastroso sia economico sia mediatico con soli 3 team e mezzo presenti. Con New Zealand vincente probabilmente si sarebbe voltata pagina e ritornati su vie un po’ più tradizionali. Vedremo ora cosa proporranno le fervide menti di Coutts e sodali.
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