GAETANO MURA - 7 dicembre 2016 Oceano Indiano
Nel tardo pomeriggio di ieri stavamo navigando nella saccatura (zona di transizione meteorologica), erano passati già diversi groppi con relativi rinforzi, ma tutto sotto controllo. Avevamo 2 mani alla randa (porzione di riduzione di tela) e solent, incominciava qualche schiarita e i groppi sembravano pressoché terminati. Ero seduto davanti al pc a terminare di scrivere una una mail poi sarei andato in coperta per ridare un po'di tela (aumentare la superficie velica). In quel momento ho sentito la barca sbandare e accelerare in maniera un po' anomala, sono corso in pozzetto e a qualche centinaio di metri da me il mare era bianco in fumo, delle trombe d'aria a mulinelli vorticavano verso di noi a velocità impressionante. Ho aperto il carrello della randa (serve per aprire l'angolo di incidenza al vento) e lascato il massimo della scotta possibile. Ma il vento ci ha preso con violenza, Italia si è letteralmente avvitata su se stessa sdraiandosi in acqua fino a sfiorarla con la testa dell'albero e cosi è rimasta. Il pozzetto (zona centrale della barca sotto la tuga di protezione esterna) è andato sott'acqua per metà e anch'io con le mani sulle scotte e le gambe sott'acqua ho pensato che lascare scotta fiocco per tentare di avvolgerlo sarebbe stato tropo rischioso, ma Italia poverina, così alle corde, non voleva saperne di risollevarsi in un match che aveva già odore di ko.
Ho guardato l'albero e ho avuto l'impressione che non sarebbe rimasto integro a lungo. Ho buttato per un istante l'occhio sulla velocità del vento: 65 nodi. Mi sono attaccato alla manovella del winch lascando la scotta fiocco con l'altra mano.
Ho lottato invano per 40 minuti che mi sono sembrati un' eternità, sotto quello sforzo, spendendo sino all'ultima goccia di energia e di forza dentro le mie braccia e tutto il mio corpo. Ma ho capito che il serbatoio delle energie stava già lampeggiando in rosso da un po' e con gli allarmi accesi e comunque non se ne veniva a capo. Riuscivo a chiuderne un metro che si riapriva un secondo dopo quindi ho ripreso la scotta in mano che nel frattempo aveva fatto un nodo strettissimo con quella sopravvento che era diventata corta, ma attingendo al fondo della riserva del mio serbatoio ho cazzato la scotta più che potevo.
Il vento nel frattempo era tornato a 45 nodi, Italia con un impeto da guerriero e alleggerita di un po' dalla pressione del vento si è risollevata ed è partita in velocità. Nel frattempo aveva fatto buio, bagnato fradicio com'ero il freddo iniziava a farsi sentire.
Ho preso la terza mano alla randa, ho dato una sistemata in coperta alla bella e meglio, ho messo tutto in sicurezza e sono andato dabbasso. Sembrava un campo di battaglia, tutto ciò che non era rizzato (assicurato saldamente) era sparpagliato per tutta la barca, per fortuna poca acqua in giro. Ho sistemato tutto con calma. Nel frattempo il vento è calato drasticamente, sono riuscito fuori a ritogliere la mano alla randa perché era cresciuta l'onda e avevamo bisogno di potenza. Ho fatto piano, cercando di consumare poco. Sono tornato dabbasso, ho preparato una tisana calda e mi sono spogliato e cambiato. Era passato poco che il vento rinforzava di nuovo, sono tornato in coperta e ho preso di nuovo la mano alla randa giurando che cosi sarebbe rimasta. Il vento è stato più o meno stabile tra 38 e 43 nodi per tutta la notte con un'onda che aumentava. Finalmente mi sono buttato sul pouf, esausto e indolenzito.
Alle prime luci il bilancio della battaglia: abbiamo perso due stecche del fiocco che ha due piccoli strappi sui quali bisognerà intervenire, due carrelli di randa rotti, uno dei quali l'ho già sostituito, l'altro dovrà aspettare condizioni di onda più maneggevoli. Quindi siamo costretti a navigare un po' lenti ora che è calato il vento.
L'Imoca 60 che era vicino a me dopo aver subito condizioni simili ha spaccato i timoni e fa rotta verso Nord per tentare una riparazione.
Indiano selvaggio
La cosa incredibile e il paradosso di questi luoghi ostili è che, mentre si svolgeva questa battaglia, ho alzato gli occhi al cielo a guardare, richiamato da qualcosa, una luce straordinaria e surreale era nel cielo così intensa da riuscire a colpirmi anche in quel momento e far ritrovare "una goccia di splendore" anche a quel momento drammatico
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