Sono sempre più numerose le “cantine sottomarine” per affinare il vino nei fondali del mare. Affinare il vino nelle acque del mare sta diventando un trend sempre più diffuso sia in Italia che all’estero, facendo innamorare della metodica enologi, sommelier e chef stellati. E proprio in questa cornice si inserisce il progetto sperimentale “Cantine sommerse“, ideato dall’azienda vinicola Cantine PaoloLeo di San Donaci (Brindisi), che troverà posto nelle acque dell’Area Marina Protetta sulla scorta della prativa già adottata già adottata in diverse regioni italiane (Emilia-Romagna, Sardegna, Liguria, Toscana) e paesi esteri (Grecia, Croazia) che interessa anche parchi marini e siti di interesse comunitario.
Vino al profumo di mare: le radici
Anche se appare fantascienza, le radici di questo approccio sono molto antiche. I primi furono i Greci. 2.500 anni fa, gli isolani di Chio, un’isola greca dell’Egeo orientale, lasciavano per qualche giorno gli acini raccolti a mollo in mare, così da eliminare quel velo sottile che ricopre la buccia detto Pruina, così da rendere il successivo appassimento delle uve più veloce. Inoltre, si riteneva che questa tecnica aiutasse l’uva a esaltare profumi e sapore. Dunque, il loro approccio non riguardava l’affinamento ma comunque avevano capito l’immenso potere del mare sul vino. In tempi più moderni, poi, si sono diffuse leggende su bottiglie intatte recuperate dai fondali. In particolare la scoperta del 2010 di 168 bottiglie di Champagne a bordo di un naufragio del XIX secolo nel Mar Baltico. Alcune di queste bottiglie di ben 170 anni erano effettivamente bevibili (la National academy of Sciences ha certificato la bevibilità a livello organolettico), pur conservando una leggera schiuma. Certo con prezzi più proibitivi: una bottiglia di Veuve Clicquot è stata venduta per ben 15.000 euro all’asta.
Perché affinare il vino in mare?
Ma negli ultimi anni, questo tipo di affinamento ha attratto non solo per una politica di marketing. Pare infatti che il mare rappresenti un ambiente ideale per l’affinamento: grazie a temperature costanti, l’assenza di rumore e di luce -, i cui effetti sono stati già ampiamente validati da sperimentazioni, pubblicazioni e tasting. Dunque, il mare favorisce anche il risparmio energetico proprio perché crea un ambiente naturalmente refrigerato per il vino senza dover regolare la temperatura e l’umidità con climatizzatori, né creare cantine isolate termicamente. La profondità di immersione poi genera una pressione dall’esterno verso l’interno sul tappo della bottiglia: un fattore difficilmente riproducibile sulla terraferma che migliora il processo di affinamento. Infine, il processo osmotico e micro ossigenante dell’affinamento subacqueo favorisce la longevità del prodotto vinoso.
Come funziona il progetto “Cantine sommerse”?
La giunta municipale guidata dal sindaco di Porto Cesareo Silvia Tarantino ha deciso di dare il via al curioso progetto: la cantina del futuro sarà realizzata sul fondale e chiunque, produttori e viticoltori, potrà partecipare all’esperimento. Ma ad alcune condizioni:
Sui fondali saranno depositate in via sperimentale 2 ceste con ingombro massimo di 1,50×1,50×1,50 metri ognuna;
ogni cesta dovrà avere una targhetta con indicazione dell’azienda titolare;
la concessione demaniale, in via sperimentale, dovrà avere la durata di un anno;
le ceste potranno essere posizionate solo nella zona C dell’Area Marina Protetta e previo parere del consorzio.
Inoltre, le ceste potranno essere posizionate al di fuori delle aree destinate alle attività portuali e previo parere della Capitaneria di Porto di Gallipoli mentre le bottiglie dovranno contenere la dicitura “affinata nell’Area Marina Protetta di Porto Cesareo”.
A maturazione avvenuta il vino sarà messo sul mercato e se la sperimentazione avrà successo si potrà iniziare a pensare in grande su come trasformare una parte del mare cesarino in una grande e prestigiosa cantina.
by firstonline https://www.firstonline.info/cantine-sottomarine-il-vino-al-profumo-di-mare-piace-sempre-di-piu/
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