Un format di successo, una filosofia che punta dritta al cuore dei puristi della vela, grande entusiasmo e tanta voglia di crescere. L’Unione A-Classica Catamarani riparte da qui. Dagli ottimi risultati della stagione del debutto e da un orizzonte sempre più internazionale. Con un solo obiettivo: privilegiare le abilità tecniche e agonistiche dei velisti riportando gli atleti (e non i mezzi) al centro delle competizioni. Già fissata la sede del secondo campionato italiano di classe: San Benedetto del Tronto. Le altre tappe della stagione 2016 saranno sul litorale toscano (Marina di Pietrasanta), in Lazio (Bracciano) e sull’Adriatico (Bellaria-Igea Marina). «Le stesse località che hanno ospitato le regate del 2015», dichiara Giuseppe Coppedè, consigliere nazionale UACC ed organizzatore con Nimbus Surfing Club della prima edizione del campionato italiano di classe a Marina di Pietrasanta lo scorso agosto. «Abbiamo avviato contatti con numerosi sponsor con l’intento di diminuire, se non addirittura eliminare, i costi di iscrizione alle regate, rendendole quindi sempre più inclusive e alla portata di tutti».
Riconosciuta dalla FIV nel febbraio 2015, la classe UACC si è distinta subito per il particolare format delle regate. «Un successo dovuto a un regolamento moderno e alla cura riservata alla parte a terra», spiega Coppedè. «Le regate sono state sempre competitive fino all’ultima boa, divertenti, accattivanti. E questo, oltre a coinvolgere gli equipaggi, ha acceso sulla classe le luci della ribalta mediatica. Risultato? Un crescente interesse da parte dei velisti, un numero costante di iscritti alle competizioni (una media di venti a regata) e il traguardo dei sessanta soci in pochi mesi».
Risultati che la classe guidata dal presidente Teo Di Battista giudica molto positivi e che nel 2016 punterà ad incrementare. Come?«Affineremo ulteriormente il format delle gare», risponde Coppedè, «abbatteremo, come già accennato, i costi di iscrizione, aiuteremo i numerosi appassionati di altre nazioni a fondare nuove classi nazionali ispirate al nostro modello e alla nostra filosofia. Constatiamo con piacere che c’è una gran voglia di tornare ai valori classici della vela, di dare importanza ai regatanti e alle loro capacità in mare piuttosto che ai loro mezzi, così come ogni sport degno di tale nome dovrebbe fare. Siamo coscienti che è una visione controcorrente, visto che nel mondo della vela non si fa altro che parlare di foil, di volo e di liberalizzazione dello stesso. Ma il successo “controcorrente” della neonata UACC, che nel proprio regolamento chiude di proposito a ogni possibilità di volare sull’acqua, lascia ben sperare. Bisognerà continuare ad attingere al serbatoio dei puristi della vela, e del catamarano in particolare, degli atleti che amano sentire l’acqua scorrere sotto gli scafi, che si dedicano a tattica, strategia e navigazione senza lasciarsi sopraffare dalle continue e costose evoluzioni dell’ingegneria navale».
Ripartire dagli uomini, dunque. In attesa delle gare 2016 val la pena di ricordare allora i protagonisti delle regate di quest’anno: il toscano Alberto Farnesi, vincitore del Campionato italiano disputato al Nimbus Surfing Club di Marina di Pietrasanta e primo classificato anche nella successiva regata presso la Compagnia della vela di Roma al Lago di Bracciano; il ravennate Stefano Casadei, trionfatore nella prima regata nazionale a San Benedetto del Tronto presso la locale Lega Navale; il vicentino Teo Di Battista, primo nella tappa di Bellaria-Igea Marina presso il Circolo Velico Rio Pircio e vincitore della classifica generale dell’intero circuito. A loro, e a molti altri, il compito di scrivere adesso il secondo capitolo della grande avventura della classe UACC.
Alle ore 8. 02’ 46’’ di oggi, venerdì 27 giugno, dopo circa 145 miglia percorse, il maxi 100’ ARCA SGR timonato dallo skipper triestino Furio Benussi con il Fast and Furio Sailing Team, ha tagliato per primo in tempo reale
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Dei circa 12 mila pescherecci presenti in Italia, i 2 mila cosiddetti a strascico durante le attività di pesca ogni anno raccolgono circa una tonnellata di rifiuti che non possono però depositare a terra, se non a proprie spese