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Rapporto Economia del Mare: Italia leader nelle crociere

rapporto economia del mare italia leader nelle crociere
Red

Il cluster marittimo italiano si conferma uno dei settori più dinamici dell’economia italiana contribuendo al PIL nazionale per 39,5 miliardi di euro (2,6% di quello totale , e l’11% di quello dei trasporti) e dà occupazione a circa il 2% della forza lavoro del Paese (477mila persone fra addetti diretti ed indotto).

Questi alcuni dei dati del IV Rapporto dell’Economia del Mare realizzato della Federazione del Mare assieme al Censis,  presentato stamane a Roma presso la sede del CNEL.

I dati confermano il posizionamento dell’Italia al 1°posto in Europa per importazioni via mare, con 185,4 milioni di tonnellate di merce, ed al 3° per esportazioni, con 47 milioni di tonnellate. Il nostro Paese mantiene poi la leadership anche nel traffico crocieristico (con 6,7 milioni di passeggeri), e nella costruzione di navi passeggeri e motor-yacht di lusso.

L’impatto delle attività marittime sull’economia italiana va oltre gli aspetti più strettamente legati alla loro dimensione trasportistica e coinvolge direttamente diversi settori produttivi dell’economia:
• l’industria marittima dei trasporti, la cui produzione supera gli 11 miliardi di euro, al di fuori del cluster marittimo spende annualmente circa 700 milioni in prodotti alimentari e bevande, 330 in prodotti della raffinazione del petrolio, 240 in mobili e altri manufatti, 100 milioni in servizi di intermediazione finanziaria;
• la logistica portuale acquista per 265 milioni nel settore delle costruzioni, per 155 nelle attività immobiliari, per 140 milioni nei computer e nei servizi connessi;
• la cantieristica spende 960 milioni in componenti per mezzi di trasporto, 540 in prodotti metallici, 410 milioni in apparecchiature meccaniche ed elettriche, 100 in prodotti di plastica;
• la nautica, 360 milioni in prodotti metallici, 165 in apparecchiature meccaniche ed elettriche;
• la pesca spende per costi di distribuzione, in buona parte verso ristoranti e industria alimentare, più di 2 miliardi di euro.
• le attività professionali vengono acquistate per oltre 1 miliardo e 170 milioni dalle branche economiche del cluster marittimo.
• gli acquisti di beni e servizi effettuati da diportisti e croceristi al di fuori del settore marittimo, sono valutati in quasi 6 miliardi di euro.

In termini di contributo al Pil, dopo i trasporti marittimi si collocano le attività di logistica portuale e ausiliarie ai trasporti (6,7 miliardi di euro di contributo), la pesca (4,4 miliardi), la cantieristica navale (4,3 miliardi) e la nautica da diporto (3,3 miliardi). 
Il MERCATO E IL 2010/2011
I dati del 2009 indicano come il valore della produzione per le sole attività di mercato sia pari a 34,9 miliardi di euro (incluse le spese dei turisti), a cui si aggiungono 4,5 miliardi di euro dei settori istituzionali. Sulla base dei dati disponibili ad oggi si può stimare che nel 2010 il valore del cluster marittimo si sia collocato fra i 38 e 39,7 miliardi di euro. I dati a disposizione indicano uno scenario per il 2011 di crescita contenuta, per poi riprendere a svilupparsi nuovamente nel 2012.

 “I dati del Censis dimostrano chiaramente che il cluster marittimo italiano costituisce un campo di eccellenza del Paese  - ha dichiarato il presidente della Federazione del Mare Paolo d’Amico  - Come tutti, abbiamo subito gli effetti della crisi iniziata nel 2008, fra cui il crollo dei noli e il calo del fatturato, ma abbiamo dimostrato una forte capacità di reazione”.

“Un aspetto che tengo a sottolineare - ha continuato il presidente d’ Amico – è che il sistema marittimo ha mantenuto negli ultimi anni il proprio peso, grazie ad un processo di riforma che ha reso competitive le sue componenti rispetto ai concorrenti esteri. Dopo la riforma della navigazione mercantile internazionale del 1998 sono stati investiti oltre 35 miliardi di euro nella costruzione di nuove unità navali, che hanno portato la flotta italiana a raddoppiare diventando così tra le principali al mondo, con posizioni di assoluto rilievo nei settori più sofisticati come quelli delle unità ro-ro e delle navi da crociera.  Anche la riforma dei porti del ’94, pur oggi bisognosa di ammodernamento,  è stata importante, avendo reso possibile all’Italia di qualificarsi in Europa come primo importatore ed esportatore via mare e prima meta per i passeggeri e viaggiatori delle navi da crociera”.

“Oggi, in virtù di nuovi scenari di mercato - ha concluso il presidente d’Amico – chiediamo una rinnovata sensibilità a tutte le istituzioni,  in modo da procedere speditamente su alcune delle necessità strategiche per la competitività del settore: fra di esse voglio sottolineare il mantenimento della normativa italiana ed europea sulla competitività della bandiera marittima, il collegamento dei nostri scali con le reti di trasporto terrestre, l’adeguamento dei fondali e la semplificazione di diverse procedure amministrative e fiscali”.

Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, ribadisce “la capacità trainante del cluster marittimo italiano in un contesto da troppo tempo stagnante”. “Ritengo opportuno – continua Roma -  che il sistema marittimo compia ancora una volta un salto di qualità, soprattutto migliorando la capacità dei propri nodi logistici di captare flussi commerciali in constante crescita, flussi che continuano ad avere come importante area di transito il Mediterraneo. Dalle proiezioni che il Censis ha elaborato, il cluster marittimo dovrà guardare con crescente attenzione non solo a mercati già in forte espansione, come quello dell’Asia orientale, dove gli interscambi marittimi da e per l’Italia crescono dalla metà degli anni 2000 a ritmi vorticosi, ma anche ad aree nelle quali il Paese, grazie al proprio armamento, può svolgere un ruolo di player di rango, come la sponda Sud del Mediterraneo (dove si colloca il 40% degli scambi da e per l’Italia), l’area Balcano-adriatica e quella del Golfo”.  

“Rappresenteranno un volano per la competitività del cluster  marittimo italiano  – dice ancora Giuseppe Roma – più innovazione e certamente maggiori investimenti nella componente avanzata del cluster marittimo, in particolare nelle tecnologie ICT e in quelle per l’automazione e la sicurezza delle operazioni logistiche, oltre ad investimenti in ricerca e sviluppo di prototipi nel segmento della cantieristica.”

VALORE DELLA PRODUZIONE PER ADDETTO (FATTURATO)
Il valore della produzione per addetto raggiunge 313mila euro nella cantieristica navale, 259mila nei trasporti marittimi, 205mila nelle attività portuali a fronte di 146mila raggiunti nei trasporti e nelle comunicazioni e 211mila nell’industria in senso stretto

VALORE AGGIUNTO PER ADDETTO
Particolarmente significativo è il valore aggiunto per unità di lavoro che tocca per le attività marittime industriali e di servizi 59.410 euro annui per occupato, con punte di oltre 97.500 euro per la cantieristica e 96mila per l’industria dei trasporti marittimi: si tratta di un valore medio superiore a comparti come alimentare, tessile-abbigliamento ed apparecchi meccanici, che consente di posizionare il settore ai vertici delle attività economiche nazionali.
MOLTIPLICATORE DEL REDDITO E DELL’OCCUPAZIONE
Altri dato di grande impatto –per la natura a rete del cluster- sono il moltiplicatore del reddito che è pari a 2,37, ed il moltiplicatore per l’occupazione che è pari a 1,73: 100 euro spesi nell’ambito del cluster attivano circa 237 euro  di reddito nazionale e 100 nuove unità di lavoro del settore marittimo attivano 173 unità a livello nazionale.
FORZA LAVORO
Il rapporto rileva poi come la componente con il più alto numero di unità di lavoro dirette sia la pesca, con più di 59.000 addetti (pesca marittima, attività di allevamento la piscicoltura) seguita dai trasporti marittimi (con più di 35.300 unità di lavoro a bordo e altre 7.100 a terra), dalle attività ausiliarie e di logistica portuale (31.874 unità), e poi dalla nautica da diporto (22.300 unità) e dalla cantieristica navale (11.800 unità). A queste poi devono aggiungersi altre 260mila unità di lavoro occupate nell’attività dell’indotto a monte e a valle.
LE PROSPETTIVE
Dopo una contrazione molto marcata delle attività registrata nel 2009, già nel 2010 si è registrata un’incoraggiante ripresa dei livelli di traffico merci, sebbene permangono delle criticità che freneranno lo sviluppo, come la persistenza sul mercato internazionale di un forte avanzo di stiva (un eccesso di offerta di servizi di trasporto rispetto alla domanda) ed un valore dei noli che resta ampiamente al di sotto dei livelli precedenti alla crisi.

Nel primo semestre del 2010 sono tornati a crescere i traffici italiani di rinfuse solide (+25,4% in termini tendenziali) e quelle di general cargo (+5,5%)1, mentre risulta in flessione ancora (-2,3%) il traffico di  container, in quanto alla fase di rallentamento determinata dalla crisi si è aggiunta la progressiva difficoltà di competere con i principali porti nordafricani, generalmente in grado di offrire prezzi medi più contenuti rispetto all’Italia, maggiori spazi per il deposito ed il trattamento delle merci, procedure burocratiche e servizi di assistenza alle merci più rapidi.

Le previsioni sono di
- una consistente fase espansiva del general cargo e delle rinfuse liquide, in particolare considerando i traffici di prodotti petroliferi dall’area del Golfo Persico verso il Mediterraneo;
- un modesto sviluppo del traffico che l’Italia riuscirà a captare a causa della crescente competitività dei porti della sponda Sud del Mediterraneo;
- l’avanzo di stiva, con un conseguente eccesso di offerta di servizi di shipping rispetto alla domanda, che perdurerà almeno fino al 2012, con effetti di rallentamento della crescita sia dal lato del trasporto marittimo che di quello delle costruzioni navali;
- la bassa crescita a cui la cantieristica navale sarà sottoposta almeno nel prossimo anno, data la situazione di crisi strutturale per il momento registrata da questo comparto in Italia, sebbene la capacità competitiva del settore resti elevata (specie nel segmento delle navi da crociera);
- la lenta ripresa del settore della nautica da diporto, che a metà del 2011 mostra alcuni segnali positivi, grazie soprattutto alla ripresa delle esportazioni, mentre il mercato interno continua a scontare le carenze infrastrutturali e una politica fiscale da ammodernare.

I PRINCIPALI MERCATI DI RIFERIMENTO
- al primo posto si collocano i Paesi del Nord Africa e del Mediterraneo orientale (Algeria, Egitto, Israele, Libano, Libia, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia), area con la quale l’Italia effettua il 40,6% degli interscambi (in termini di tonnellaggio) di merci via mare, in crescita fino al 2008 e poi in flessione;
-al secondo posto si pone l’Europa dell’Est (Bulgaria, Georgia, Ucraina,Romania, Russia), area in cui si colloca il 15,3% dei flussi di merci da e per l’Italia, in flessione negli ultimi anni;
- al terzo posto si collocano i Paesi dell’Europa mediterranea (Francia, Gibilterra, Grecia, Malta, Cipro, Spagna e Portogallo), che coprono il 14% degli interscambi marittimi con l’Italia, in forte incremento fino al 2008, poi ridimensionati dalla fase di crisi economica;
- vi è poi un’ulteriore area, ovvero quella dei Balcani (Albania, Croazia, Serbia, Montenegro, Slovenia), con volumi ancora poco significativi ma in rapida crescita sia prima che durante la fase di crisi;
- ed un’ulteriore area rappresentata dalla Cina e Hong Kong, con una crescita esponenziale dei traffici in entrata ed uscita dall’Italia, prima e durante la crisi economica, con un volume degli interscambi marittimi pari al 2,8% del totale, ma destinati ad aumentare considerevolmente nell’immediato futuro.
Tenendo conto delle previsioni di crescita del Pil (proiezioni elaborate dal Fondo monetario internazionale) delle aree appena citate e dei livelli di correlazione con il traffico si stima quanto segue per il periodo 2011- 2015

a) l’area verso la quale l’Italia intensificherà maggiormente i propri interscambi marittimi potrebbe essere la Cina e Hong Kong; dagli attuali 8 milioni di tonnellate di scambi (erano più di 12 milioni nel 2008) si potrebbe arrivare nel 2015 a quasi 20 milioni di tonnellate; in questo modo, tale area potrebbe rappresentare il 6% dei traffici marittimi italiani, raddoppiando il proprio peso nella matrice origine-destinazione italiana dei flussi via mare. La stima tiene conto degli elevati tassi di crescita del Pil che, come è noto, negli ultimi dieci anni, hanno contraddistinto l’economia cinese e quella di Hong Kong (tra il 2005 e il 2009 il Pil a valori correnti è passato da 2.400 miliardi a 4.900 miliardi di dollari e tra il 2010 e il 2015 è previsto un incremento del 51% in termini correnti);

b) la seconda area per tasso di crescita potrebbe essere verosimilmente la sponda Sud del Mediterraneo e l’area mediorientale. Si tratta di un’area per la quale nei prossimi anni è previsto un apprezzabile tasso di crescita dell’economia, a ritmi tali da segnalare la propensione a nuovi investimenti e all’apertura verso gli scambi internazionali. Si tratta dell’area verso cui si indirizzano e da cui provengono i maggiori flussi di merci che riguardano l’Italia. Le proiezioni effettuate tenendo conto delle previsioni di crescita del Pil, indicano la possibilità di passare dagli attuali 120 milioni di tonnellate scambiate a circa 200/220 milioni di tonnellate;

c) la terza area verso la quale l’industria marittima italiana potrebbe migliorare considerevolmente il proprio posizionamento strategico dovrebbe essere quella balcanica, la cui economia è cresciuta notevolmente nell’ultimo decennio, così come gli interscambi via mare con l’Italia (aumentati in volume di oltre il 60% tra il 2002 e il 2009 e del 13% tra il 2005 e il 2009). Ulteriori indicatori provano per questi Paesi posti sulla sponda orientale dell’Adriatico una fase di espansione economica piuttosto sostenuta almeno tra i primi anni 2000 e il 2008, con una fase di rallentamento nel 2009, a causa della crisi economica.  Le stime effettuate tenendo conto del robusto livello di correlazione esistente tra gli scambi marittimi da e per l’Italia ed il Pil dei Paesi appartenenti a quest’area portano a ritenere che dagli attuali 13,6 milioni di tonnellate scambiate via mare con l’Italia si possa arrivare nel 2015 ad oltre 23 milioni di tonnellate;

d) è verosimile ritenere, inoltre, che anche da e verso l’area del Golfo Persico lo shipping italiano intensificherà la propria attività. I dati a disposizione mettono in evidenza come le principali rotte presidiate dall’armamento italiano siano quelle che dal Mediterraneo volgono proprio verso l’area del Golfo Persico (oltre che quelle verso l’Asia orientale), il cui Pil è stimato in crescita del 23% nel periodo 2010- 2015. Inoltre, occorre sottolineare che, se i volumi di traffico da e per l’Italia con il Golfo Persico hanno un limitato peso sul totale dei traffici, in valore essi assumono viceversa una posizione di assoluto rilievo, trattandosi prevalentemente di prodotti petroliferi e di prodotti della manifattura italiana di medio-alta qualità. Sulla base di tali fatti, dunque, è possibile ipotizzare che i flussi di traffico marittimo da e verso quest’area potrebbero passare dagli attuali 3,3 milioni di tonnellate a 5-6 milioni di tonnellate.





26/10/2011 10:12:00 © riproduzione riservata






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