Alla luce del rinnovato impegno da parte del Ministro Altero Matteoli di presentare un disegno di legge per rimodernare la legge 84/94 che disciplina l'ordinamento e le attività portuali, UCINA – l’Associazione aderente a Confindustria che rappresenta l’industria nautica italiana – ribadisce l’esigenza di considerare il diporto quale nuovo elemento strategico nell’ambito di una riorganizzazione dei bacini commerciali.
Infatti, la riorganizzazione o l’espansione dei bacini commerciali maggiori per far fronte alle esigenze logistiche delle nuove porta contenitori, scopre la questione cruciale della destinazione di quella residua porzione delle città stretta fra il porto e il tessuto urbano retrostante non più utili al traffico.
E’ noto infatti che la trasformazione di una porzione in porto turistico non si presenta solo come un’attività economica capace di produrre direttamente ricchezza e lavoro, ma nella sua funzione più vasta di supporto all’economia e allo sviluppo sociale di un territorio.
L’industria nautica da diporto italiana è leader nel mondo con un fatturato che supera i 6 miliardi di euro, per un impiego di oltre 37.000 addetti diretti nell’ultimo decennio, più gli oltre 70.000 nell’indotto. Secondo uno studio del Censis, il settore è capace di generare 1 posto di lavoro ogni 4 posti barca a valle della produzione.
“Mentre tutti i testi di riforma della L. 84/94 concordano nella necessità dell’evoluzione degli scali commerciali – ha affermato Anton Francesco Albertoni, Presidente di UCINA a seguito dell’audizione avuta lo scorso 4 novembre con la VIII Commissione Lavori Pubblici del Senato della Repubblica in merito ai disegni di legge di Riforma della legislazione in materia portuale -, non vi sono indirizzi sufficienti sulla gestione e sulla destinazioni di quelle aree, a terra e a mare, che le trasformazioni dei porti lascerebbero libere. Sicuramente, si tratta di contemperare esigenze contrastanti, che solo un’attenta pianificazione territoriale può conciliare, ma non si può ignorare che il tratto comune delle esperienze europee trova il motore principale sempre nello sviluppo del turismo nautico. Valencia, Barcellona e la stessa Genova offrono gli esempi di aree portuali che da zone sotto utilizzate, spesso degradate, sono letteralmente rinate e la cui riqualificazione è diventata l’elemento di traino di una più ampia rinascita cittadina.
Peraltro, - ha continuato Albertoni - alcune Autorità Portuali si stanno già orientando in questo senso, ma alle loro iniziative serve una cornice normativa, un quadro giuridico che, nel caso della nautica da diporto, travalica i contenuti della L. 84/94 per investire il DPR 509/97 (rilascio delle concessioni demaniali per porti e approdi turistici), quantomeno relativamente allo snellimento delle procedure”.
Tali obiettivi sono strategici in questo momento per UCINA che fa della riforma della portualità un progetto cardine: partendo da uno studio sulla rivalutazione della costa e sviluppo dei waterfront per un turismo nautico sostenibile, il tema è stato poi al centro del dibattito nel corso del Salone Nautico Internazionale di Genova e, ancora più recentemente, nel corso di questa settimana, in occasione dell’audizione avuta con la VIII Commissione Lavori Pubblici del Senato della Repubblica in merito ai disegni di legge di Riforma della legislazione in materia portuale, dove UCINA ha potuto ribadire la propria convinzione.
UCINA, che riunisce oltre 460 imprese ed organizzazioni che svolgono la propria attività nel settore della produzione di unità da diporto, nel loro commercio e nei servizi collegati, racchiude al suo interno associazioni quali ASSOMARINAS (Associazione italiana dei porti turistici) e ASSONAT (Associazione Nazionale Approdi e Porti Turistici) che insieme rappresentano circa 150 porti turistici italiani.
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