Salone Nautico di Genova, 2 ottobre 2010 - Tutti parlano di aumentare i posti barca ma c’è chi è contrario, almeno per quanto riguarda la Liguria, ed è nientemeno che il presidente della Regione Claudio Burlando che è stato un Ministro dei Trasporti e della Navigazione ampiamente apprezzato ed è ancor oggi ricordato con un pizzico di “nostalgia” per la legge che porta il suo nome. Parole quindi da ascoltare con attenzione, specie dopo quanto affermato prima di lui dal Ministro Matteoli oggi a Genova in questa contrastata inaugurazione del 50° Salone Nautico Internazionale. Per Burlando va posto un limite alla proliferazione dei porti turistici in Liguria, passata in un decennio da 14 mila a 25 mila posti barca. Partendo dall’analisi della crisi energetica del 1973 il presidente della Liguria pensa sia giunto il momento di riflettere sulla direzione e sui limiti da dare ad un certo tipo di sviluppo:” “Da noi - ha detto il presidente della Regione - i posti barca non mancano. La Liguria ne possiede circa il 25 per cento dell'intera costa italiana. In un decennio, in Liguria, siamo passati da 14 mila a 25 mila posti barca e ce ne chiedono decine tutti i giorni, nonostante la difficoltà a vendere posti barca. Credo sia arrivato il momento di trovare un equilibrio per far si che anche i proprietari di un gozzo e chi vuole fare un bagno possano godere delle nostre spiagge. Una questione di limiti, insomma, limiti che se superati, possano creare problemi all'ambiente e al paesaggio. E' urgente mettere in campo un comune impegno a sostegno della nautica, per aiutare quella grande voglia di resistere alla crisi che mi hanno manifestato diverse aziende del nostro territorio. Il mio invito al governo è di puntare proprio su questa voglia di resistere, attraverso un impegno e un confronto con regioni, enti locali per discutere insieme dei risparmi da fare, ma anche su come mantenere le aziende in vita, perché un Paese che perda la sua produttività muore. Affrontiamo dunque questa crisi non solo da un punto di vista finanziario, perché se perdiamo le industrie tutto questo non servirà a niente”.
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