Presso la Sala Forum del Padiglione blu del Salone Nautico Internazionale è stata presentata l’indagine realizzata dall’Osservatorio Nautico Nazionale di Confindustria Nautica, che restituisce l’odierna fotografia del diportista italiano. La relazione è stata esposta da Roberto Neglia, Responsabile dei rapporti istituzionali dell’Associazione nazionale di categoria e Coordinatore dell’Osservatorio.
L’analisi del profilo dei proprietari di unità da diporto rappresenta uno strumento interessante per comprendere le dinamiche strutturali, economiche e sociali che attraversano i settori dell’industria e del turismo nautico in Italia, fondamentale per guidare le scelte di policy e programmazione pubbliche e private. È stata condotta incrociando variabili come genere, provenienza geografica, dimensione e tipologia dell’imbarcazione, motorizzazione e anno di costruzione, con approfondimenti sulle specificità territoriali. Due ulteriori focus interessano definizione di profili tipo per ciascuna macroarea e i diportisti under 40, che rappresentano un segmento minoritario, ma rilevante per le strategie di rinnovamento e inclusione generazionale nel comparto.
Dallo studio è emerso che l’80% degli armatori italiani ha più di 50 anni, con una concentrazione particolarmente marcata nella fascia 60-75 anni; le donne rappresentano una quota minoritaria (13%), ma sono in crescita e mediamente più giovane. Sono prevalentemente residenti in grandi centri urbani, primi Roma e Milano, mentre per macro area geografica si registra una leggera prevalenza del Nord-Est. Mediamente possiedono un’unità di 10-12 metri, motorizzata entrobordo, costruita tra il 2000 e il 2009.
Il proprietario tipo di unità da diporto è prevalentemente di genere maschile (87%) e di età compresa tra 60-75 anni per il 45%. Gli armatori della fascia 50-59 anni rappresentano il 26%, i 40-49enni sono il 10%, mentre la fascia dei 30-39 anni non supera il 4%. Le donne costituiscono una quota in crescita e la loro distribuzione anagrafica appare più bilanciata verso la componente 50-59 anni, con la fascia 40-49 anni che si attesta attorno al 15%, con un dato ben superiore alla media nazionale.
Interessante il confronto con l’età del visitatore del Salone Nautico Internazionale, decisamente più giovane, che nel 2024 ha registrato una media di 50 anni, la fascia più numerosa è quella dei 55-64enni, che rappresentano il 34%, mentre con i 25-44enni costituiscono il 22% (GRS Research & strategy per I Saloni Nautici, 2024).
Il Mezzogiorno si distingue come la macroarea con la quota più elevata di giovani diportisti under 40, in particolare nella fascia 30-39 anni, e da solo raccoglie oltre il 25% del totale nazionale, seguito dal Nord-Est (18%). Roma, Napoli e Trieste mostrano valori significativamente superiori alla media. Le fasce 20-29 anni e under 20 sono invece fortemente marginali in tutte le macroaree geografiche, con valori sempre inferiori al 5%, con la migliore performance segnata da Napoli, Trieste e Milano.
Circa il rapporto tra anagrafica e dimensione dell’unità, la differenza è marcata agli estremi dello spettro, con i titolari di unità superiori ai 24 metri che presentano un’età media di oltre 68 anni e coloro che possiedono natanti sotto i 10 metri immatricolati che si attestano intorno ai 58 anni, mentre si uniforma per le fasce di età intermedie.
Nonostante il concetto di nautica sia associato alla stabilità economica e a una certa capacità di spesa, lo studio evidenzia come l’acquisto della barca non sia soltanto legato al reddito. La correlazione tra anagrafica degli armatori e retribuzione media della categoria dirigenti censita dell’ISTAT suggerisce un andamento non proporzionale della crescita nelle attività nautiche all’aumentare del reddito nella fascia 40-50 anni. Risulta evidente uno stacco netto nella propensione al diportismo tra over e under 50.
La distribuzione geografica risulta piuttosto equilibrata, con il Nord-Est che raccoglie il 25% degli armatori, seguito dal Centro (24%), Nord-Ovest (21%) e dal Mezzogiorno (20%), mentre l’Italia insulare si attesta sul 10%. L’analisi dei 10 Comuni con maggiore incidenza conferma il ruolo dei grandi centri urbani, con, nell’ordine, Roma, Milano e Napoli in testa, che da sole rappresentano circa un terzo del sotto-campione, a dimostrazione del fatto che il diporto si configura come fenomeno fortemente metropolitano. Seguono Trieste, Genova, Torino, Venezia, Padova, Palermo e Firenze.
Il 35% del totale delle unità da diporto è stata costruita prima del 2000, meno del 10% dopo il 2020. La motorizzazione entrobordo rappresenta la scelta prevalente, adottata sul 73% delle unità. Circa le preferenze generazionali, la propulsione a motore mostra la concentrazione più marcata tra gli utenti di 60-75 anni. Le barche a vela evidenziano invece una maggiore distribuzione trasversale tra le fasce di età, con un’attrazione verso un pubblico più diversificato.
Rispetto alla media nazionale, la barca a motore è scelta maggiormente nel Mezzogiorno, 73%, e nelle due Isole maggiori, 61%; nel Nord est, Nord ovest e Centro la percentuale si assesta al 52-55% e la vela guadagna maggiori spazi di mercato. Circa la potenza installata, la categoria più rappresentata è quella del 251-999 CV, che comprende oltre il 35% delle unità, seguita dalla fascia 40-115 CV con un 22%.
Dall’analisi degli ormeggi stanziali (home port) si evince la pressione in tutto il Centro-Nord della Penisola e la provincia di Napoli, mentre la situazione si capovolge rispetto agli ormeggi in transito, dove il Mezzogiorno risulta deficitario.
Dal punto di vista dell’attrattività del registro di bandiera italiano si segnala che solo il 2% degli armatori iscritti è di residenza straniera, comunitaria o extra-UE e dal 2015 si segnala una forte riduzione delle immatricolazioni che ha interrotto la correlazione con la crescita del fatturato registrata tra il 2000 e il 2007. In quel periodo il settore mostrava una fase espansiva, sia in termini di produzione sia di fatturato e le iscrizioni annuali raggiungevano il loro massimo nel 2006, con oltre 800 nuove unità iscritte ogni anno.
A partire dal 2009 il fatturato segue una traiettoria discendente fino al 2014, riconducibile alla crisi economico-finanziaria globale, alle politiche fiscali interne (in particolare la c.d. tassa Monti) e, parallelamente si osserva un crollo significativo del numero di imbarcazioni iscritte, con valori che precipitano sotto le 200 unità annue tra il 2012 e il 2014. Dal 2015 il fatturato torna progressivamente a crescere e nel 2024 raggiunge il record storico di 8,6 miliardi di euro, mentre le immatricolazioni aumentano solo marginalmente, mantenendosi comunque su livelli estremamente ridotti rispetto al passato.
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