Proseguono gli approfondimenti con le eccellenze della XIII Zona FIV Federazione Italiana Vela Friuli Venezia Giulia, questa volta scoprendo la bella storia sportiva di Jana Germani, fresca vincitrice con la prodiera Giorgia Bertuzzi, della medaglia di bronzo al mondiale della classe olimpica 49er FX. Poco dopo aver staccato il pass olimpico ed essere stata selezionata alle Olimpiadi, al mondiale di Lanzarote Jana ha subito dimostrato di meritarsi il posto per Parigi 2024, regatando al meglio contro gli equipaggi più forti al mondo, tra i quali le brasiliane due volte campionesse olimpiche Martine Grael e Kahena Kunze. Dopo Francesca Clapcich, che vinse il mondiale della stessa classe nel 2015 (a prua di Giulia Conti), un’altra velista cresciuta nel Golfo di Trieste, eccelle nella barca olimpica acrobatica femminile: ottima premessa in vista dell’appuntamento Olimpico di quest’estate.
Chi è Jana Germani
A 14 anni, nel 2013, la passione per la vela la cattura vedendo i 49er sul Lago di Garda. Da allora, il sogno di competere su questa classe con le migliori al mondo è diventato realtà grazie alla dedizione e all’impegno. Muove i primi passi nella vela nel Golfo di Trieste sull’Optimist, sotto la guida esperta dell’allenatore Maurizio Bencic, che le trasmette le fondamenta ancora utili oggi. Con svariati titoli giovanili sia nell'Optimist che nel 420, ha rappresentato l'Italia in tre campionati mondiali Optimist e partecipato a regate internazionali di alto livello, conquistando posizioni di rilievo nelle ranking list. Nella classe 49er FX, ha ottenuto il pass olimpico per l’Italia e la successiva convocazione per Parigi 2024. Il supporto costante dei genitori ha rappresentato un pilastro fondamentale, incoraggiandola a perseguire con determinazione la carriera da velista.
Dal Club Nautico Triestino Sirena con cui Jana è velisticamente cresciuta, oggi regata per la Marina Militare.
Ecco l’intervista, che inizia con una auto-domanda/risposta di Jana, per non lasciare nulla in sospeso!
A che domanda avresti voluto rispondere in questi anni e che invece non ti hanno mai fatto?
J.G: È stato difficile arrivare a ciò che hai ottenuto fino ad oggi? È stata un’impresa adatta a tutti?
J.G: Non è sicuramente stato facile; ci sono stati dei momenti quando ancora facevo la prodiera in cui pensavo realmente che le Olimpiadi, che sono sempre state il mio sogno, sarebbero state difficilissime da raggiungere. Quando finalmente sono passata di nuovo al timone questa visione è cambiata sembrandomi un sogno molto più raggiungibile. Ovviamente ci sono stati degli ostacoli durante il cammino, soprattutto nei momenti in cui gli altri non credevano in me, facendoti capire e credere che non ce l’avresti mai fatta. Ma è proprio in quei momenti che bisogna essere consci delle proprie capacità e soprattutto convinti che quello che si sta facendo è giusto.
Arrivare all’Olimpiade non è quindi una cosa facile e fattibile da tutti: si compete contro le migliori al mondo, molte delle quali di età e di esperienza maggiore. Esternamente può sembrare facile arrivare ad una convocazione olimpica, ma assicuro che non è così, perché sono tutte là per vincere: essendo una classe olimpica non “si gioca” più; tutti dal primo all'ultimo vogliono arrivare e vogliono far risultato. Tra le avversarie ci sono ragazze che hanno una voglia di arrivare che è incredibile e se tu non hai quella stessa voglia, quella stessa volontà di fare tutto ciò che serve, è molto molto duro”.
Ci racconti il bronzo mondiale appena vinto a Lanzarote?
J.G: Abbiamo iniziato la settimana con due prove molto impegnative, con vento forte e onda molto formata, ma le abbiamo affrontate in maniera eccezionale, con un terzo ed un secondo. Da lì in poi abbiamo capito che comunque il nostro livello era tale per cui potevamo ambire al podio mondiale. Nei giorni successivi c'è stato un po' più di vento da terra, molto instabile, più della bora direi; sebbene con qualche sbavatura siamo riuscite ad entrare in medal race da terze, vincendo l'ultima prova delle finali, che ci ha dato un'ulteriore forza per affrontare al meglio la medal race. Finalissima in cui abbiamo dovuto controllare sia l’equipaggio brasiliano, che quello australiano. Il secondo posto era attaccabile, ma molto, molto difficilmente, perché doveva coincidere un nostro primo e un ultimo dell’equipaggio svedese. A quel punto abbiamo deciso di proteggere il nostro terzo posto: la prima bolina non è stata facile perché una è andata a destra e noi con la brasiliana eravamo un po' più sulla sinistra del campo di regata. Controllare due barche non è così semplice, soprattutto se spaiano, però devo dire che ci siamo difese molto bene. Una volta girata la prima bolina, quando entrambe le nostre avversarie erano dietro di noi, con molte poche possibilità di mettere delle barche in mezzo, abbiamo regatato tranquille e in controllo per portare a casa il terzo posto, che è stato molto importante e sapevamo che era nostro: ce lo meritavamo dopo tutta la settimana affrontata egregiamente!
Perchè il 49er FX ti ha affascinato quando l'hai visto la prima volta e cosa ti piace adesso che lo fai a livello altissimo?
J.G: Perché é una barca molto veloce e soprattutto un po' diversa dalle altre, essendoci due persone d'equipaggio che stanno fuori al trapezio; rispetto al 470 c'era una difficoltà in più. Bello che il timoniere debba stare steso al trapezio, concentrato, mentre non smette di tirare con le spalle per controbilanciare il più possibile l'imbarcazione, soprattutto quando c'è vento. Ciò che mi colpisce ancora è la velocità, perché mi piace tantissimo andare veloce non solo in barca, anche in altri sport o comunque nella vita in generale; quindi è una barca che mi dà molte soddisfazioni da questo punto di vista ed è anche una barca molto acrobatica: non smettiamo mai di imparare, soprattutto ci sono situazioni anche divertenti che nonostante la massima serietà degli allenamenti ci regalano momenti di svago.
È stato complicato allenarsi con Giorgia Bertuzzi e quanto è stato importante trovare una prodiera con cui c’è sintonia?
J.G: Avendo finito la mia carriera da prodiera col Mondiale in Nuova Zelanda nel 2019 ho deciso di voler passare al timone e fortunatamente Giorgia era libera. I primi di gennaio del 2020 ci siamo trovate a Bari, dove la squadra della Fraglia Vela Malcesine aveva un allenamento; siamo uscite per la prima volta con un 49er maschile, giusto per provare a vedere se ci trovavamo o meno. Da subito c'è stata sintonia/intesa e abbiamo deciso di proseguire. Purtroppo con il Covid abbiamo dovuto fermarci un po’; è stato surreale: avevamo appena deciso di formare l'equipaggio e di continuare quando siamo state costrette a fermarci. Appena possibile abbiamo iniziato gli allenamenti al lago di Garda, a Malcesine, località dove vive Giorgia e che ci permetteva di fare tante ore in acqua, perché io dovevo prendere confidenza col timone e soprattutto capire i movimenti per renderli automatici. Ciò che mi ha aiutato molto è stato, e secondo me ancora tutt'oggi mi aiuta molto, il mio passato da prodiera, perché riesco a capire bene le esigenze di Giorgia comprendendo anche le difficoltà che deve affrontare in barca. La sintonia è partita da subito e tutt'ora ci troviamo bene, riusciamo a capirci anche senza parlare o magari con brevissime frasi, elementi che ci stanno permettendo di procedere al meglio.
Credi sia servito essere cresciuta nelle condizioni particolari ed estreme del Golfo di Trieste?
J.G: Anche se ora mi alleno in giro per il mondo credo che nelle classi giovanili sia stato fondamentale imparare ad andare in barca nel Golfo di Trieste, perché ti offre delle condizioni difficili. Non dico tutte le condizioni che uno può trovare, perché difficilmente c’è onda formata, ma ci sono condizioni particolari come la bora, che arrivando da terra salta tanto ed è una caratteristica, che magari in altri posti non si trova. Infatti a me piace tantissimo regatare con condizioni da terra e nell’ultimo mondiale, a Lanzarote, abbiamo avuto quasi tutti i giorni vento da terra che saltava e sicuramente le skills che ho imparato a Trieste le ho portate anche nel campo di regata del mondiale. Stessa cosa vale per il poco vento: con l’Optimist, con il 420 esci sempre, anche quando c'è poco vento, con la totale bonaccia, ma è in queste situazioni che sviluppi quella sensibilità che oggi torna molto utile, soprattutto in una barca come il 49er, che risente di qualunque movimento, accelerando veramente con poco.
Come sarà impostata la preparazione post-mondiale fino all’appuntamento olimpico, che per la vela sarà a Marsiglia?
J.G: Adesso la preparazione prevede un po' di allenamento a Palma di Maiorca prima della Coppa del Mondo, il classicissimo Trofeo Principessa Sofia (29 marzo-6 aprile). Poi avremo degli allenamenti mirati sulla scelta dei materiali da usare alle Olimpiadi, con l’attenzione rivolta quindi ai piccoli dettagli. Nel frattempo ci aspetta ancora l’Europeo (La Grand Motte, Francia, 4-12 maggio), che ovviamente non è l'obiettivo principale di questa stagione, ma ci teniamo a performare bene. Dopodiché ci sposteremo a Marsiglia, preparandoci al meglio nel campo di regata delle Olimpiadi, località che non lasceremo fino alla fine dei Giochi.
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