Quando abbiamo tentato di vender loro i nostri Bot e i nostri Btp i cinesi hanno detto “no grazie. Non siamo interessati a caricarci il vostro debito, ma piuttosto ad investire nelle imprese italiane”. Ce ne eravamo accorti già da tempo, specie nella nautica, dove la cantieristica del Sol Levante si sta affacciando con sempre maggior prepotenza. D’altronde la loro potenza di fuoco e i prezzi bassi fanno si che non ci sia partita tra la nostra raffinata industria e la loro grezza ma efficiente organizzazione che si regge, è noto, sulla totale mancanza di tutela della manodopera.
Ma come fare ad alzare il tiro ed acquisire rapidamente l’italica competenza nell’arte navale? Semplicemente acquistando i nostri cantieri, che, in questi tempi di crisi nera, sono in mano alle banche o ai liquidatori ed accetterebbero qualsiasi soluzione pur di sopravvivere. Allora i cinesi hanno incominciato a girare, per scoprire e capire quali cantieri potessero fare al caso loro. A Cannes una delegazione di un cantiere cinese ha preso contatto con i cantieri Baglietto di Varazze ed ha visitato anche gli stabilimenti. Anche un altro gruppo, sempre cinese, sembra sia interessato al prestigioso cantiere ligure e avrebbe fissato un incontro per il prossimo mese di ottobre durante il Salone Nautico di Genova. Il liquidatore, Federico Galantini, fa il suo mestiere e spera di concludere.
Ma che fine farebbe poi il Baglietto? Dove sarebbe localizzata la produzione? E una volta avuto il know-how e il marchio che interesse avrebbero i cinesi a tenere in piedi la fabbrica?
Tutte domande alle quali è difficile dare un risposta, anche se, come diceva il buon Andreotti, “a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca quasi sempre”. Cosa fare? Invocare il governo e qualche provvedimento di rilancio sembra assolutamente inutile. Un acquirente italiano, i cantieri San Lorenzo, si è fatto avanti, ma è interessato al solo sito di La Spezia. Sarà un altro pezzo d’Italia che se ne andrà. Nel 150° anno dell’Unità d’Italia.
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