Le proteste di questi giorni non si limitano ai blocchi autostradali decisi dai camionisti, anche se queste sono la punta dell’iceberg e, alla luce della riuscita dei blocchi autostradali, anche le più eclatanti. In agitazione ci sono anche i nostri pescatori, strangolati anch’essi dal caro gasolio. Gli operatori della pesca sono sul piede di guerra, dal Tirreno all’Adriatico, e le barche sono ferme in vari porti italiani. A San Benedetto del Tronto, dove è presente una delle flottiglie pescherecce più grandi d’Italia, si è respirata oggi un’aria pesante contro “l’enorme aumento dei costi di gestione delle imbarcazioni e le norme Ue, che prevedono spese ingenti nell' ambito del Piano comune per la pesca”. A San Benedetto si sono contate 60 barche a strascico e volanti in sciopero e il mercato ittico è rimasto chiuso perché i manifestanti hanno bloccato alcune vie di accesso all'area portuale con i loro carretti.
“Governo e Ue - ha detto Nazzareno Ricci, voce dei pescatori di San Benedetto – pretendono l'impossibile. Non siamo più in grado di andare avanti, di sostenere le spese per mettere a norma le barche in base al Pcp (il Piano europeo), che dovrebbe garantire il futuro della pesca ed invece ci sta stritolando. Se proprio dobbiamo morire, vogliamo decidere noi come farlo. Siamo allo stremo anche
per colpa delle banche, che hanno chiuso i rubinetti”.
A Viareggio la flotta non è uscita in mare e alcuni rappresentanti dei pescatori hanno raggiunto la Capitaneria di Porto per spiegare le loro ragioni. Barche agli ormeggi anche a Civitanova Marche, Senigallia e Fiumicino. E’ evidente che, così come per gli autotrasportatori, il costo del gasolio è uno dei problemi più seri, ma per quanto riguarda i pescatori sono anche le norme europee ad essere nel mirino. Pescherecci fermi anche a Porto Santo Stefano dove 44 delle 45 imbarcazioni sono rimaste oggi in porto e alcuni pescatori hanno anche inscenato una protesta contro il possibile inquinamento causato dal naufragio della nave Concordia.
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