Civitavecchia ha un profilo francese? Vista dalla terrazza dell’Hotel San Giorgio si direbbe di si. Le palme, il lungomare, il Pirgo, forte Michelangelo. Si forse qualcosa di francese ce l’ha davvero. Ed anche il cicaleccio che ascolto è francese. Il sole picchia forte in questo fine agosto, ma la vista da questa terrazza vale la piccola sofferenza. Tra un po’ ci sarà l’intervista con Dona Bertarelli, qui a Civitavecchia per il circuito dei GC32 cui partecipa anche il suo team, Spindrift, e sicuramente anche un po’ di aria condizionata. Intanto qui fuori, sulla terrazza, al sole, ci sono la mamma, Maria Iris, e lo zio Claudio. Sono loro che animano la conversazione in francese con uomini del team di Alinghi. Inserirmi è quasi un obbligo perché i due fratelli Tipa, Claudio e Maria Iris, sono tra i più importanti produttori italiani del prezioso nettare di Montalcino, il Brunello. I complimenti per la produzione del Poggio di Sotto sono accettati, ma “zio Claudio” si lamenta della scarsa resa. sciorinando cifre: “Poche bottiglie... ce ne vorrebbero molte altre”. In pochi secondi ti mette in testa la Sua idea dell’Azienda. Nella comunicazione c’è sempre da imparare. Qualcosa sulla tenuta di famiglia so, ma in fin dei conti non so niente su di lei, Dona, tranne che ha in testa un progetto meraviglioso: conquistare il Trofeo Jules Verne, ovvero il record di velocità sul giro del mondo a vela senza scalo. Essere la sorella di Ernesto non aiutano certo in questo caso. Leggi la notiziadell’acquisto di Banque Populaire e fai un sorrisetto di sufficienza. La bimba si è comprata il giocattolino. Poi pian piano, tassello dopo tassello, lei e Yann Guichard hanno dato corpo e sostanza a questo progetto. Ora non solo è credibile, ma potrei anche dire di fare il tifo per loro. E non solo perché a bordo c’è una romana. Finalmente è il momento di iniziare. C’è sempre un momento di imbarazzo, soprattutto perché l’intervistato non sa chi ha di fronte. E nemmeno l’intervistatore. Si, tecnicamente è un’ereditiera. Ma scordatevi Paris Hilton. Questa è un’altra storia, fatta di semplicità, cortesia e tanta sostanza. Inizio con la domanda che ho in mente da sempre. E’ come chiedere se è nato prima l’uovo o la gallina, ma la faccio ugual- mente.
Quando vi è venuta l’idea del Jules Verne? Prima o dopo aver acquistato Banque Populaire?
“Ovviamente nello stesso momento, perché non si compra una barca così senza avere voglia di andare a sfidare quel record che è stato fatto con questa barca, un record di 45 giorni (45 giorni, 13 ore, 42 minuti, 53 secondi n.d.r.) per fare un giro del mondo a vela e senza scalo. Sapevamo che se si comprava questa barca che era fatta, costruita, cresciuta e pensata per questo record, si doveva provare anche a fare di meglio. Abbiamo analizzato a fondo il record, lo abbiamo sezionato in ogni suo aspetto e abbiamo visto che c’era la possibilità di fare meglio, anche se sarà sempre il meteo ad avere un ruolo fondamentale. Anche se la barca andrà meglio, anche se noi saremo bravissimi e non faremo mai errori, il tempo che incontreremo sulla nostra rotta sarà molto importante per un record così. Ma siamo fiduciosi, perché abbiamo constatato che questa barca poteva ancora essere ottimizzata. In cinque anni la tecnica si è evoluta, sono migliorati i materiali delle vele ed anche per altre componenti c’è stato un salto enorme di qualità, come si è visto anche con la Coppa America. Le nuove tecnologie ci hanno consentito di alleggerire la barca di una tonnellata e mezza, di avere delle vele molto più resistenti ma anche più leggere e più facili da manovrare.
Abbiamo lavorato anche molto sull’aerodinamica della barca e l’abbiamo veramente ottimizzata. È a questo che avevamo pensato quando l’abbiamo comprata e ci siamo dati tre anni per poter arrivare a fare il giro del mondo.
Tre anni di preparazione per un evento che organizzativamente è molto complicato. Chi si occupa di cosa?
Con Yann Guichard ci siamo veramente divisi il lavoro. Lui si occupa di tutto quello che è tecnico e di tutto quello che è sportivo mentre io mi occupo di tutta la gestione della società. Però siamo assieme sulla barca e navighiamo assieme. Le decisioni importanti quando siamo in mare e le decisioni sui componenti del team le condividiamo tutte.
Da ottobre sarete in stand by. L’equipaggio è già deciso o c’è ancora qualche casella da riempire?
Saremo dodici o quattordici e per il momento siamo certi di dieci persone che faranno parte dell’equipaggio. Per gli ultimi due, o quattro, non abbiamo ancora deciso. Intanto continuiamo a fare della navigazione che intensificheremo soprattutto adesso, tra settembre e i primi giorni di ottobre, anche perché ci saranno condizioni di mare un po’ più dure, proprio quelle di cui ha bisogno questa barca per essere sfruttata al meglio, ed anche per capire chi potranno essere le altre persone da imbarcare. Ma le dieci persone che saranno a bordo sono velisti che già da tre anni navigano con noi non solo sul maxi, ma anche sui GC32 e su altre barche. Quindi sarà gente della nostra squadra, che è molto unita. Ci conosciamo bene, e per tentare un record così lungo questo è molto importante.
Cosa ti spinge emotivamente verso un record così difficile, verso una vela assoluta, così diversa dal confrontarsi con altri team in regata.
Mi piacciono entrambe le situazioni. Io sono sempre stata affascinata dal lavorare in squadra. In questo caso quando si parte in mare per tanti giorni non puoi assolutamente fingere. La persona che tu sei esce allo scoperto, viene a galla. È questa costruzione che mi piace, quella di mettere assieme uomini e donne che riescano veramente a lavorare assieme e costruire qualcosa tutti insieme. Ma questo si trova anche nelle regate di circuito e non solo in un giro del mondo, perché anche in regate veloci tra le boe come nei GC32, c’è il bisogno di lavorare tutti insieme e velocemente, quasi senza pensare. Quindi tra noi c’è una coesione importante. E poi navighiamo tutti con l’obiettivo del Jules Verne, su qualunque barca siamo, e questa comunione d’intenti è indispensabile, per quando saremo nel sud del mondo, sfiniti, con la barca freddissima con al massimo 5 gradi all’interno e avremo bisogno di trovare la forza e gli stimoli per continuare anche superando i nostri stessi limiti. In quel momento le persone che saranno intorno a noi saranno le persone più importanti della nostra vita perché è nelle loro mani che stai mettendo la tua vita così come loro la mettono nelle tue mani. Ed è in questa coesione la bellezza umana di questa impresa
Esempi di eccellenza in famiglia ce ne sono. Tralasciando quelli noti in ambito velico, hai una mamma che, insieme a tuo zio Claudio, ha dato vita ad una delle migliori aziende vinicole italiane, la ColleMassari, Cantina dell’anno 2014 per il Gambero Rosso. Forse l’essere vincente è un po’ nel tuo Dna?
In famiglia quando si comincia un progetto si va fino alla fine ma non solo per vincere ed esseri primi. Per come vedo io la vita è molto importante il percorso che tu devi fare per arrivare al tuo obiettivo. Poi se quando lo raggiungi sei anche primo, è solo la ciliegina sulla torta. Quando in famiglia ci diamo un obiettivo ci impegniamo tutti al 100% e soprattutto ci spendiamo personalmente. Penso che sia importante impegnarsi in prima persona in quello che si fa. Il fatto di essere la proprietaria del maxi non mi esime dal fare tutti gli allenamenti come gli altri, anche se devo occuparmi di molte altre cose. Ci si deve impegnare come tutti. Più di tutti. In famiglia è così che vediamo le cose, io, mia madre, mio zio ma anche mio fratello che ha fatto quello che ha fatto in America’s Cup proprio impegnandosi in prima persona”.
La chiacchierata si chiude qui. Finora mi ha guardato dritto negli occhi e in tanti anni di “mestiere” forse ho imparato a distinguere la sincerità dall’accondiscendenza. E sono contento di quello che ho ascoltato. Vorrei evitare i rapidi movimenti degli occhi o lo sbattere delle ciglia. Quindi, nel dubbio, evito domande sul suo rapporto con il nostro Bel Paese. E comunque alzi la mano chi di voi non vorrebbe essere almeno un po’ svizzero... ogni tanto.
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