Era il 2006 quando vincemmo i Mondiali di calcio. E nessuno sportivo potrà mai dimenticare la frase pronunciata da Marco Civoli parafrasando Wim Wenders:”Il cielo è azzurro sopra Berlino”. Ecco... quest'anno nessuno lo ha detto, ma una frase simile sarebbe stata calzante per il Salone di Genova. Abbiamo vinto! Ha vinto la nautica, ha vinto il salone, ha vinto la tenacia e la resilienza dei nostri cantieri. Si, il cielo è stato azzurro sopra Genova. E non solo per il clima, favorevole come non mai nonostante previsioni pessime, ma per i numeri che questo Salone ha saputo produrre e per la felicità stampata sui volti degli espositori. 92mila visitatori (contingentati), contratti siglati in crescita del 12%, 78 eventi, 5.874 prove in mare. Gli italiani hanno risposto alla chiamata e hanno riscoperto di voler bene al Salone di Genova. Ed hanno ricominciato ad acquistare qui, direttamente in Fiera, dove il confronto immediato tra le differenti proposte è stato reso possibile dalla intelligente disposizione dello spazio espositivo. E il cuore (e il portafoglio) dei visitatori lo hanno conquistato soprattutto i cantieri che hanno fatto della qualità costruttiva e dell'attenzione ai dettagli, il loro punto di forza. In tanti hanno venduto, alcuni più di altri. “E' stato Sold Out, abbiamo venduto tutto nelle linee 35 e 39 ed abbiamo fatto numeri importanti anche sul 43 Seawalker” conferma soddisfatto Simone Lorenzano, Direttore generale di Fiart, storico cantiere di Baia. Fiart è una di quelle realtà italiane che ha posto la qualità come imprescindibile asse portante della sua produzione. Un cantiere piccolo, familiare, ma che entra di diritto nella storia del Salone Nautico, dove è stato presente fin dal primo Salone del 1960 con il suo fondatore, Ruggiero di Luggo, arrivato a Genova con la sua “Conchita”, prima barca in vetroresina al mondo, sul tetto della propria auto. Era una pura innovazione interamente “Made in Naples”. Napoli è così: un mix di tradizione e innovazione che si perde nel tempo. La prima ferrovia, la prima illuminazione pubblica in Italia e perfino la prima lavatrice. E così in tanti, dopo aver ben ponderato e confrontato, hanno scelto Fiart. Il perché è molto semplice. Oltre alla bellezza ed al prezzo hanno valutato una qualità che ha pochi confronti. Scegliere una barca è un qualcosa che prende tanto del tuo tempo e deve essere appagante. E' come prendere un caffè a Napoli: un'esperienza quasi catartica. Il termine “espresso” è un fonema, non una parola con conseguenti azioni collegate. Il tempo per un caffè è come quello in barca, un tempo dilatato, non misurabile in secondi. Io personalmente prendo il caffè a Napoli, andandoci di proposito, in un piccolo bar in via dei Colli Aminei 66. Ce ne saranno senz'altro di migliori, senza arrivare al Gambrinus o al Caffè del Professore, ma qui un attempato barista segue, con i tempi che potete immaginare, un'incredibile prassi: prende dall'acqua calda due tazzine di ceramica spessa, carica due diversi bracci della macchina e prende solo le prime gocce di caffè di ognuna per miscelarle insieme. Se siete particolarmente “viziuse” lo potete prendere al vetro, in un bicchiere alto, sempre rigorosamente caldo, dove il caffè viene vaporizzato e lo zucchero posto sui bordi umidi del bicchiere insieme ad un velo di cioccolato amaro.
In Fiart c'è la stessa attenzione ai particolari ed alle scelte del cliente, al quale, una volta a bordo, rimane per sempre addosso il sapore dolce della propria scelta. Sono barche artigianali, progettate interamente dal dipartimento tecnico interno guidato da Massimo Simeone.
I numeri di produzione sono contenuti, per non compromettere il livello qualitativo delle imbarcazioni e mantenere alto il livello di artigianalità, pur nell'ambito di un fatturato e di una capacità produttiva in netta crescita. Fiart tiene molto alla qualità e alla cura dei dettagli, a partire dagli scafi che che sono tutti realizzati in infusione presso i suoi stabilimenti. Molte altre attività sono curate internamente, a partire dalla falegnameria, che si occupa della realizzazione dei dettagli più importanti, e dall’officina meccanica, sempre interna, che cura gli acciai. L’assemblaggio è realizzato completamente da maestranze interne con elevate competenze manifatturiere. Unica eccezione il nuovissimo progetto P54, disponibile dal 2022, che ha incantato e stupito per le innovazioni che propone e per la linea filante. Ha avuto una genesi un po' diversa, in quanto la barca è stata progettata dall'architetto Stefano Pastrovich sempre, però, in collaborazione con il dipartimento tecnico interno di Fiart.
Sono quindi le donne e gli uomini che lavorano in cantiere il cuore pulsante di Fiart. Un'attenzione al “fattore umano” che ha portato alla creazione della scuola di formazione Fiart Academy, una fondazione senza scopo di lucro intitolata e dedicata, al fondatore Ruggiero di Luggo.
“Lo scopo della nostra Accademia è scoprire nuovi talenti, formarli ed introdurli nel mondo del lavoro” dichiara Marco Vertecchi, Consigliere Delegato Fiart, “Mi piacerebbe che tutti, a partire dai figli dei nostri collaboratori arrivati ormai alla terza generazione, potessero avere l’opportunità di studiare e dimostrare le proprie capacità nel mondo della nautica con il nostro supporto”.
Il futuro è roseo e si lavora per consolidare una nuova immagine e per trasferire la consapevolezza di questa filosofia di prodotto anche all’esterno. Oggi gli yacht Fiart, pur restando fedeli alla loro fama di mezzi affidabili e solidi, risultano dei veri oggetti del desiderio. Si, il cielo è azzurro anche sopra Baia.
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