Lunedì, 5 dicembre - Confindustria Nautica risponde alle misure presentate ieri dal Governo Monti nell’ambito della manovra finanziaria rivolgendo al Consiglio dei Ministri un accorato appello affinché non venga penalizzato ulteriormente il settore della nautica da diporto, messo già in ginocchio dalla crisi economica degli ultimi due anni.
“I provvedimenti esposti ieri dal Governo e, nello specifico, le misure che prevedono l’introduzione di una tassa di stazionamento sui posti barca sono destinati ad avere ripercussioni fortissime sulle economie locali della filiera nautica, dei servizi, dei porti, del rimessaggio e del commercio legato al settore” dichiara Anton Francesco Albertoni, presidente di UCINA – Confindustria Nautica.
Secondo le stime fornite dall’Osservatorio Nautico Nazionale, il gettito della tassa sarà pari 285 milioni di Euro e avrà un impatto violentissimo sulle regioni che detengono il maggior numero di posti barca: circa 45 milioni di Euro ciascuna per Liguria e Toscana, 35 circa per Campania e Sardegna, 22 per il Friuli Venezia Giulia, 19 per il Veneto.
“Nel 2011 il 15% del traffico dei marina turistici è stato rappresentato da diportisti stranieri che saranno inevitabilmente scoraggiati a permanere sulle nostre coste” continua il presidente di UCINA “Una flessione del traffico charter del 25% in termini di mancato indotto, annullerebbe da sola l’intero gettito dell’imposta, senza contare la mancata contribuzione IVA sulla vendita delle unità nuove - acquistabili con leasing estero - e quello dovuto alla diminuzione dei ricavi delle aziende dei servizi e del turismo legati all’uso delle barche di proprietà di privati“.
“Le imprese della nautica sono determinate a contribuire al rilancio del Paese e non si tireranno indietro di fronte alla richiesta di maggiori sacrifici: ciascuno di noi è conscio che questi saranno necessari per un futuro di maggiore stabilità e crescita. Con questa volontà UCINA propone tuttavia una serie di aggiustamenti alla norma che, pur non esonerando il mondo della nautica da un coinvolgimento attivo, vadano a renderla più equa ed efficace: inserimento di un indice di vetustà delle imbarcazioni che, come nel caso della auto, renda inesigibile l’imposta per barche di età superiore ai 20 anni (tenendo conto che una barca perde dopo 2 anni il 30-35% del proprio valore, che diventa il 40% dopo 4 anni e il 55-60% dopo 10 anni); differenziazione dell’imposta tra barche a motore e barche a vela (una barca a vela di 15 metri costa molto di meno di una barca a motore di 8 metri). Inoltre, chiediamo che vengano escluse dal provvedimento anche le unità con targa prova a disposizione delle aziende prima della loro vendita (altrimenti si colpirebbe solo la produzione) e le imbarcazioni che si trovano in un’area di rimessaggio per i giorni di effettivo mancato utilizzo”.
Il Presidente UCINA conclude rivolgendo al Governo un accorato appello affinché questi suggerimenti vengano presi in considerazione e siano valutate le conseguenze disastrose che il provvedimento così come è disegnato oggi rischia di avere su un comparto cardine del Made in Italy, che dà lavoro a 100.000 persone e che rappresenta la quinta forza dell’export del nostro Paese.
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