Gli stock ittici del Mediterraneo, inclusi quelli di grande valore commerciale di nasello e cernia, potrebbero rigenerarsi se il 30% del mare venisse protetto efficacemente. Considerando che ad oggi, solo il 9,68% del Mar Mediterraneo è indicato come ‘protetto’ e che solo l’1,27% è effettivamente tutelato, c’è ancora molto lavoro da fare.
Il nuovo report del WWF “30 per 30: Possibili scenari per rigenerare la biodiversità e gli stock ittici nel Mediterraneo” indica gli scenari per l’attività di conservazione nel Mar Mediterraneo, analizzando i benefici che l’interruzione della pesca insostenibile e della pesca illegale, e di altre attività dannose in aree selezionate, porterebbe alla biodiversità marina e alle popolazioni ittiche. Lo studio è stato condotto in collaborazione con i ricercatori del CNRS-CRIOBE Francese, l’Ecopath International Initiative e l’ICM-CSIC Spagnolo.
L’analisi scientifica [2] ha evidenziato che nei prossimi anni, se la pesca insostenibile e le altre attività industriali proseguiranno agli stessi livelli di oggi, gli stock ittici nel Mediterraneo continueranno a diminuire [3].
In contrasto a questo trend, il report conferma che la protezione efficace di specifiche aree, fino a raggiungere il 30% del Mar Mediterraneo, unita alla gestione sostenibile delle attività economiche nella restante parte del bacino [4], garantirebbe l’aumento di questi stessi stock ittici commerciali e una ripresa significativa dell’intero ecosistema marino. I risultati dello studio, inoltre, mostrano che le catture degli sparidi (come saraghi, dentici, etc) potrebbero aumentare del 4-20% e quelle dei grandi pesci demersali (che vivono sui fondali) di interesse commerciale (ad esempio il nasello) fino al 5%.
Nel Mediterraneo Occidentale, per cui sono disponibili più dati scientifici, l’analisi mostra aumenti potenziali degni di nota: la biomassa di predatori come gli squali potrebbe aumentare fino al 45%, mentre la biomassa di specie commerciali come le cernie potrebbe aumentare del 50% e il nasello potrebbe perfino raddoppiare la sua biomassa. Anche il tonno rosso, la popolazione più iconica e commercialmente importante del Mediterraneo, potrebbe potenzialmente rigenerare la sua biomassa fino a un aumento record del 140%.
Marina Gomei, del WWF Mediterranean Marine Initiative, ha dichiarato:
“Oggi abbiamo la prova scientifica che la protezione di aree chiave del Mediterraneo è un modo efficace per ricostituire gli stock ittici più importanti e fermare la drammatica perdita di specie e habitat che sta minacciando il nostro mare. Queste aree marine hanno un enorme potenziale per sostenere il settore della pesca e le economie locali, già ampiamente colpite dalla pandemia da COVID19, e aumentare la nostra resilienza contro il cambiamento climatico. Il prossimo decennio deve vedere il Mar Mediterraneo di nuovo al centro delle agende ecologiche ed economiche dei nostri governi se vogliamo assicurare un futuro per il quasi mezzo miliardo di persone che vivono nella regione”.
A fine 2021, ci si aspetta che i leader mondiali adottino un nuovo Piano Globale post-2020 per la Biodiversità per fermare e invertire la perdita di Natura. Più di 50 Paesi, inclusa l’Italia, hanno già chiesto un impegno per proteggere il 30% del Pianeta entro il 2030. Questo impegno dovrebbe poi essere applicato dai Paesi Mediterranei nel Piano regionale per la biodiversità da adottare a dicembre alla 22° Conferenza delle Parti della Convenzione di Barcellona. A tal fine, il WWF chiede [5] a tutti i governi Mediterranei di sviluppare tempestivamente dei piani di azione regionali e nazionali più ambiziosi per fornire una protezione adeguata al Mar Mediterraneo.
ITALIA AL CENTRO DELLA STRATEGIA DI TUTELA
L’ Italia in particolare è una delle nazioni con la maggiore responsabilità per il raggiungimento degli obiettivi al 2030 nel Mediterraneo, poiché le sue coste sono lambite da 3 delle 6 aree che, se protette, si prevede forniscano i maggiori benefici di conservazione: Mediterraneo nord-occidentale, Canale di Sicilia e Mare Adriatico. Nel nostro Paese però molto deve essere ancora fatto: secondo l’analisi condotta nel 2019 da WWF infatti, soltanto l’1,67 % delle aree marine a vario titolo protette italiane, incluse AMP e siti Natura2000, sono gestite in modo efficace attraverso piani di gestione implementati (Gomei et al.2019).
I 4 PASSI FONDAMENTALI
Quattro sono le azioni che il nostro Paese deve necessariamente compiere entro il Super Year se intende mantenere gli impegni presi al 2030. Il WWF chiede, infatti, che l’Italia dimostri l’impegno preso al 2030 con 4 azioni concrete immediate, volte in primo luogo ad aumentare l’efficacia di gestione delle aree marine protette esistenti (6): 1) identificazione , tramite Direttiva ministeriale, di obbiettivi SMART (Specifici, Misurabili, Realizzabili, Rilevanti, Temporizzabili) per tutte le AMP, da definire con il sostegno del Ministero dell’Ambiente e di ISPRA o enti di ricerca analoghi, per aumentarne l’efficacia nella conservazione degli ecosistemi marini 2) identificazioni di obbiettivi SMART per tutti i siti Natura 2000, da parte degli enti preposti alla loro gestione, per aumentarne l’efficacia nella conservazione degli ecosistemi marini e per contribuire al raggiungimento del Buono Stato Ambientale 3)eliminazione delle attività illegali, ancora troppo diffuse nelle AMP e nei siti Natura 2000 4) formalizzazione a livello nazionale di sistemi locali di cogestione per condividere la responsabilità dell’identificazione e gestione delle aree protette e delle risorse naturali tra i diversi portatori di interesse, compresi i pescatori artigianali, valorizzando la piccola pesca come opportunità di presidio e gestione
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