Monitorano i cambiamenti climatici e rappresentano un supporto essenziale per gli scienziati: sono i 162 'satelliti del clima' che gravitano a centinaia di chilometri dalla terra. L'ultimo lanciato, martedì scorso dal Cosmodromo Russo di Plesetsk, è Sentinel-3A dell'Agenzia spaziale europea (ESA), mapperà la temperatura della superficie del mare, l'estensione e la topografia del ghiaccio. Una prossima missione europea che riguarderà in particolare il carbonio sarà Flex (FLuorescence EXplore). Farà una mappatura della fluorescenza emessa dalla vegetazione per quantificare l'attività di fotosintesi. I dati raccolti saranno importanti per migliorare la comprensione di come il carbonio si muova tra le piante e l'atmosfera e di come il processo di fotosintesi coinvolga i cicli del carbonio e dell'acqua. Con il lancio del primo satellite meteorologico nel 1959, i satelliti hanno dimostrato di essere strumenti fondamentali per la ricerca sul clima. Nel 1984 - ricorda una ricerca di Carbon Brief che ha catalogato i 'satelliti del clima' delle organizzazioni e agenzie mondiali - l'Earth Radiation Budget Satellite ha fornito una panoramica di come le attività umane (attraverso i combustibili fossili) influenzino l'equilibrio del pianeta, contribuendo a scoprire il buco dell'ozono. Due decenni dopo, la Orbiting Carbon Observatory ha fornito le prime mappe della concentrazione di CO2 in tutto il mondo. I satelliti si dividono in due categorie: quelli in 'orbita geostazionaria' (altitudine di 35.786 km) monitorano lo stesso punto; quelli in 'orbita terrestre bassa' (altezza di 400-1400km), monitorano il clima all'interno o sopra l'atmosfera, fornendo una copertura su diverse fasce di terra. Sono gestiti dalla collaborazione di agenzie di tutto il mondo, dal Kazakistan al Cile.
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